la Cremo ora va di corsa
Va di corsa questa Cremo, che marcia con il passo svelto di chi ha una missione da portare a termine in fretta.
C'è da colmare il vuoto lasciato in classifica dal tempo perduto. Quello trapuntato di contraddizioni, incertezze e risultati scarni come la carestia. Acqua passata. Ora, a furia di vittorie, si rischia seriamente di trovare il modo di arredare con stile la mezza stagione che ancora manca da qui ai playoff.
La Cremo sta applicando la legge della continuità in movimento. Un concetto di dinamica più efficace della legge del taglione per superare la statica della sconfitta, che con sé porta sempre dolori post traumatici.
Dieci punti in quattro partite e la consapevolezza che la ricetta Giampaolo possa funzionare sine die sono credenziali che la Cremo pone sul piatto dopo aver smontato anche la resistenza della Pro Patria (in inferiorità numerica dal 45' per l'espulsione di Ulizio). Un lavoro ai fianchi portato avanti senza perdere la testa nell'ora della tempesta imprevista (l'autogol senza preavviso di Gambaretti investe lo Zini come una folata di vento gelido della steppa). Ma anche rallentando o spingendo sull'acceleratore a seconda delle necessità. Va sotto il nome di maturità l’attitudine a leggere nelle pieghe dell'incontro, fiutandone i pericoli e scansandone i tranelli. I grigiorossi la stanno acquisendo.
Al resto ci pensa il fattore continuità, ricoperta dalla glassa dei risultati e confezionata con la carta oro di prestazioni sempre più convincenti. Anche questo è un lusso che la Cremo di oggi può prendersi.
In fondo il sacco di Como aveva lasciato un pegno non indifferente: il forfait di Jadid, appiedato da un guaio muscolare. La maglia numero 10 finisce così sulle spalle di Moroni. Buone spalle, ancorché strette, quelle del centrocampista cresciuto nel Parma che assiste la regia illuminata di Palermo (un'unica sbavatura pesante, per lui, rimediata da Gambaretti). Moroni è sinonimo di sostanza: equilibrio tattico, efficacia in interdizione, sicurezza negli appoggi. È' una delle immagini del nuovo corso, rigenerato da Giampaolo. Non la sola. Le altre hanno il volto felice e vincente di Federico Di Francesco (autore di un gol e mezzo), quello picaresco del malagueno Palomeque, terzino di qualità e del rinato Kirilov, il bulgaro che ai piedi indossa ali che riducono a cineseria quelle promesse dalla Red Bull.
Il 3-1 rifilato alla Pro Patria passa da loro e dal solito Brighenti, arrivato al gol numero 9. Ma anche dal duello fra gli evergreen Castellini e Serafini, prodotti del vivaio grigiorosso che fu, vinto da chi quel grigiorosso ancora lo veste a schiena dritta.
Davanti ad un'avversaria attenta a non offrire la chance della ripartenza ai grigiorossi,
il cambio di ritmo imposto da Kirilov è la leva che Palermo aziona per scardinare il bunker biancazzurro. Il bulgaro è una lama conficcata nei problemi dei tigrotti anche se non riesce ad essere efficace al tiro; sul fianco sinistro non si risparmia Favalli, terzino moderno con l’ardore vecchio stile della fuga in progressione.
Un po' di buona volontà e la velocità di D'Errico e Candido non salvano la squadra di Tosi che si ritrova comunque in vantaggio senza troppi meriti (deviazione sfortunata di Gambaretti sul cross di Guglielmotti).
L'assedio della Cremo diventa martellante nella ripresa, soprattutto dopo che Kirilov doma una traiettoria insidiosa di Favalli ma per la seconda volta non inquadra la porta. Con la Pro Patria che difende a pieno organico, possesso palla alla ricerca della fessura giusta e accelerazioni nel breve di Di Francesco arroventano la barricata biancazzurra.
È una partita di sacrificio per chi difende con l'uomo in meno, ma anche per chi è chiamato a costruire la tela con la pazienza del ragno. Melillo incolla i tre punti ai propri guantoni fino alla parata imperfetta sul tiro dell'incontenibile Kirilov che spiana la strada al pareggio di Brighenti. Due minuti e Di Francesco vibra il suo sinistro potente che il corpo di Lamorte trasforma nell'inconsapevole strumento utilizzato per ribaltare il risultato. La Pro Patria affonda ancora con un colpo raffinato di Di Francesco e pian piano scivola alla deriva. La Cremo, invece, continua a pompare palloni nei sedici metri avversari, con l’inesauribile Alessandro Marchi a rendere ancora più marcato il divario di energie in campo. Se il passivo non assume contorni più pesanti è merito di Melillo e della sua nottata da uomo volante.
A questo punto sempre meglio non guardare la classifica. Ma se proprio qualcuno volesse gettarci anche solo uno sguardo distratto, sappia che l'attacco di panico al momento è scongiurato.
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