Di Francesco simbolo del "giampaolismo" grigiorosso
ma non dite che è tutta questione di contropiede...
C'è della rabbia negli occhi della nuova Cremo. Ma una rabbia diversa, sana. Quella che serve per reggere l'urto o anche solo per riuscire a mostrare quanto vali. La nuova Cremo non ce l'ha con gli altri (la sfortuna, gli arbitri, il destino o i fischi) e nemmeno con se stessa. E' quella rabbia agonistica che si coltiva in settimana e alla resa dei conti permette di convogliare le energie tutte in un solo punto, quello giusto. Una squadra con buone idee e con la concentrazione giusta per metterle in pratica, per leggere l'errore marchiano di Ardito, scattare un istante prima degli avversari (e più forte), anticipare il portiere e segnare a porta vuoto. Sì, è il gol del 2-0, che spacca la partita e forse anche la stagione della Cremo. Perché c'è un po' di fortuna, assomiglia tanto a uno di quei regali che i grigiorossi – storia recente – ha spesso fatto, raramente ricevuto e quasi mai scartato. Sì, c'è anche un po' di simbologia nel retropassaggio sbilenco del capitano del Como, come nella “gatta” del portiere dell'Arezzo Benassi due settimane fa.
Poi però c'è Di Francesco, a suo modo pure lui un simbolo (ma concreto come un gol e un assist) della rivoluzione Giampaolo: preso dalla panchina in cui stava sprofondando, il giovane figlio d'arte è stata la prima e più immediata firma del nuovo tecnico sul nuovo progetto. Un gol Pavia per confermarlo, una prestazione da incorniciare a Como per imprimere al cammino grigiorosso il suo cambio di passo.
Abbuonando la gara di Pavia durante la quale Giampaolo ha forse più osservato che messo mano, sono arrivati sette punti nelle ultime tre partite e la classifica, oggi, fa meno paura.
E non che il Como abbia esposto tutta la merce a prezzo di saldo. I lariani – che un'idea di gioco la coltivano da tempo e con buon profitto – sono partiti forte nel primo come nel secondo tempo, in qualche frangente hanno messo alle strette la difesa della Cremo. Ci si è messo pure il ko tecnico di Jadid ad aggiungere qualche tornante al percorso di assimilazione del “giampaolismo” grigiorosso. Macché. Gli schemi contano, la rabbia di più. Così anche se il mister va in deroga al dogma delle specializzazioni di ruolo per rattoppare un centrocampo orfano del suo regista, i conti tornano. Palermo si presenta in cabina di comando mandando quasi in porta Kirilov e sciorina una interpretazione efficace e del tutto personale del ruolo cardine, tutta dinamismo e sostanza.
Piano dunque a dare della “difesa e contropiede” a questa Cremo, perfettibile certo ma la più bella vista finora. Certo, i gol di Kirilov e Di Francesco danno un'idea dell'indole tutta verticale iscritta nel dna di questa rosa. Ma non va dimenticato che prima del vantaggio (a proposito, Alessandro Marchi, altro neofita del gol... su palla inattiva, per la seconda domenica consecutiva) era il Como a menare le danze. Lì la Cremo ha mostrato organizzazione e forza difensiva grazie alla lucidità di Castellini e al vigore del miglior Gambaretti mai ammirato. Ma non solo: prova da esterno completo per Palomeque, uno che non la butta via, spinge e affonda il tackle se serve, diligente Favalli che spinge ad intermittenza per non perdere di vista Casoli; tosto Moroni che rileva Jadid e finalmente offre argomentazioni a chi fin dall'estate ne ha decantato le lodi, mentre Ale Marchi sbaglia qualche appoggio ma è il moto perpetuo di cui non si può prescindere. Manca qualcuno? No, non è mancato nemmeno il capitano. Non è arrivato il gol a suggellare le duecento tra i professionisti, ma ancora una volta Brighenti è stato decisivo. Proprio in quel momento, quando l'inerzia iniziava a pendere via via più verticalmente dalla parte del Como, Andrea ha scosso i suoi. Con il Lumezzane in tre minuti ha raddrizzato la partita: traversa e gol del pareggio. Stavolta l'ha aperta, quasi senza dare nell'occhio, spezzando il morso lariano, solo nella metacampo avversaria: lascia sul posto due uomini e impegna il portiere. I leader avvisano: la Cremo c'è. E prende campo: un minuto dopo la palla è di nuovo nell'area azzurra, il bomber giganteggia, appoggia per Kirilov. Tiro, deviazione, angolo. Ecco, è lì che vince la Cremo. E Colella – bravo ed onesto allenatore del Como – non pensa nemmeno un secondo a farne una questione di episodi. Deve aver visto anche lui gli occhi di Mattia Marchi, appena entrato, nello scatto che ha lanciato il contropiede del 3-0 firmato (finalmente) Kirilov. C'era la rabbia giusta, bella. C'era la nuova Cremo.
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