e paure: sabato da incubo
con il Pavia di Maspero
«I problemi non si risolvono in tre giorni». Riky Maspero lo dice non senza rammarico. Smessi i panni di allenatore del Pavia, il lodigiano lascia spazio al suo vecchio cuore grigiorosso che oggi intona il De Profundis. La Cremo è in crisi nera e il passaggio di consegne fra Montorfano e Giampaolo al momento non è sufficiente a riscrivere la rotta. Sotto il 4-1 si materializzano le difficoltà di un gruppo senza più nerbo e con le idee nel congelatore, che sta scivolando verso il fondo della classifica.
Quella che esce da Pavia con le ossa rotte è una Cremonese impresentabile, smarrita, intimidita dalle proprie paure. Il passivo pesante rischia di incidere nella testa ferite profonde come solchi in un momento in cui servirebbero invece stabilità e pragmatismo. Quattro gol subiti e qualcun altro scampato valgono il biglietto d'ingresso nell'inverno gelido dei playout senza che vi sia la certezza di un rapido ritorno della primavera.
Il Pavia vince dominando. O domina vincendo. Aggredendo. Giocando d'anticipo. Quella di Maspero è una squadra con il senso del collettivo ben affilato. Robusta a centrocampo, corazzata in attacco dove l'assenza di Soncin è compensata dalle prove tutta sostanza di Ferretti e Cesarini e dagli inserimenti dell'indiavolato Cogliati, l'uomo in più degli azzurri, una sorta di saponetta per Favalli e Giorgi che se lo vedono sgusciare da ogni angolo. Pederzoli e Carotti sono l'elemento d'equilibrio del centrocampo, il punto d'appoggio della manovra. Solidi e spartani, ma efficaci. I loro meccanismi semplici rendono agevole il compito dei difensori. Esattamenente ciò che non accade in casa grigiorossa dove è giunto il momento di guardarsi dritto negli occhi.
Al Fortunati ha funzionato poco per non dire nulla. Giusto qualche accelerazione di Di Francesco e un paio di lanci telecomandati di Jadid.
Il forfait dell'ultimo momento di Bassoli non giustifica gli affanni di una fase difensiva non all'altezza. È un sabato da ricordare: per l'indigestione di errori commessi. Dalle incertezze di Battaiola (che chiude la prestazione con un cartellino rosso) ai vuoti di Giorgi e Palomeque; dalle difficoltà già descritte di Favalli alla latitanza di un centrocampo che non sa essere reparto.
In attacco il sacrificio di Mattia Marchi sortisce l'effetto placebo del primo gol fra i professionisti di Di Francesco. Ma non rivitalizza Brighenti, che colpisce sì il palo in un episodio del tutto incidentale per poi starsene ai margini del confronto, sovrastato da Abbate.
Recuperato lo svantaggio firmato da Cesarini, la Cremo si vede forse scippare un calcio di rigore (fallo di Sabato su Di Francesco) prima di alzare bandiera bianca. A mettere il cappello sopra i tre punti sono Ferretti e Cogliati che centrano il bersaglio sugli sviluppi di altrettanti calci d'angolo. Al Pavia, prima di incrociare le lame con la Cremo, ancora non era riuscito di andare in gol su corner. Meditate, gente.
Il passo lento con il quale Giampaolo rientra negli spogliatoi, visto dalla tribuna somiglia ad un segnale di resa. Assai diversa è la determinazione che Maspero trasmette ai suoi. La ripresa si chiude con l'espulsione di Battaiola e il poker realizzato dal dischetto da capitan Pederzoli. Il Pavia si prende i tre punti, la Cremo si tiene tutti i suoi problemi. E forse qualcuno in più, a cominciare da una posizione in classifica sempre più scomoda.
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