Il Monza si prende la vetta con un corner
I buoni propositi si scontrano con la realtà
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“Montorfano non si tocca. Il progetto continua. Per ora”. Alla fine parla solo il presidente Simoni. Fiducia al tecnico e alla Cremo dei giovani. Ma – avverte – sarà bene aggiustare le coordinate della rotta prima che sia troppo tardi.
Che fosse così dura, nessuno poteva aspettarselo. D’altra parte però la Lega Pro non vende sogni, ma ti sbatte in faccia la realtà. E la realtà, da queste parti, sa assestare fendenti da far vacillare anche le più granitiche delle buone intenzioni.
Già, perché per adesso la Cremo questo è. Una bella intenzione, che ha spontaneamente suscitato la simpatia dei fedelissimi ma che ora rischia, alla prova dei fatti, di sprofondare sotto il peso dei risultati. Quelli sì, che fanno la felicità. O meno.
E non è un caso se sul ciglio del burrone, la Cremo, ci sia finita proprio dopo una partita come questa. Contro un’avversaria come il Monza. Incattiviti da una situazione societaria a un passo dal tracollo, con uno stipendio già stracciato e gli altri in ghiacciaia, i brianzoli rinunciano a uno come Virdis e a tutti gli orpelli di una squadra costruita per far la voce grossa. Pea, saggio, butta giù a mano libera un 3-5-2 elementare che sembra sempre sul punto di far brutta figura, ma gioca al rimbalzo e la porta a casa. Ed è primo, anni luce avanti questa squadra di belle speranze che le ha ballato intorno per quasi tutto l’incontro senza farle mai, però, girar la testa.
Il primo tempo è un paradigma. La Cremo si ridisegna attorno al suo centrocampo. Alessandro Marchi sembrava la soluzione più immediata per tamponare la pandemia di terzini destri, ma alla resa dei conti il mister preferisce sparigliare la linea difensiva, gettando nella mischia dal primo minuto il “lungo” polacco Zieleniecki, allargando Gambaretti, pur di non modificare i delicati equilibri nella zona nevralgica, dove la birra del bolognese è ingrediente essenziale per miscelare il fosforo di Jadid e l’inventiva di Palermo. La cosa, lì per lì, pare funzionare. Kirilov sembra in vena, Beduschi e Zullo non hanno lo stesso passo e arrancano nei raddoppi: in quella zona la gara pende da parte locale.
Il tridente schierato in linea si muove molto e con più sincronismo del solito. I tre attaccanti scendono di qualche decina di metri ogni volta che il possesso è biancorosso e sono poi pronti ad attaccare la profondità sulle verticalizzazioni di Jadid e compagni, che da dettami lesinano sul possesso palla preferendo la giocata in verticale. I tre centrali monzesi stanno sulle spine e i “quinti” del centrocampo di Pea badano più alla copertura che all’offesa. La Cremo prova a velocizzare la sua nuova vocazione verticale, ma manca sempre qualcosa. L’ultimo tocco di un attaccante, il tempo di inserimento di un giornalista, il dribbling all’ingresso in area.
Dopo 39 minuti di partita la Cremo ha guadagnato calciato sette tiri dalla bandierina più almeno un paio di punizioni defilate: cross tesi, tagliati, spioventi, colpi di testa tentati o mancati, deviazioni, rimpalli, contro cross… nulla da fare. Poi, appunto al 39’, il Monza scodella il primo dalla bandierina di sinistra, Battaiola respinge, la difesa, anziché allontanare alza un campanile che favorisce Foglio che rimette al centro dove a quel punto rimangono solo giocatori in maglia bianca e Zullo liberissimo di battere a rete da due passi. Arriva così, anche questa domenica, il momento di rimpiangere la metà di gara passata dal numero due brianzolo a scacciare gli incubi dei paso-doble di Kirilov.
Già, perché fino alla disattenzione fatale la squadra di Montorfano era stata padrona del campo, in vantaggio su ogni pallone, padrona del palleggio e con un’aria decisamente più minacciosa rispetto ai più quotati avversari. Eppure prima del riposo sono avanti glia altri e il peggio è che è come se tutti se lo aspettassero, come se la beffa fosse l’ordine delle cose per la Cremo. Che a quel punto si rinchiude in se stessa esaltando la solidissima normalità degli avversari.
Nella ripresa il Monza non fa nulla, ma proprio nulla per aumentare il vantaggio. SI mette lì e aspetta. Aspetta che l’ennesima trama grigiorossa si spenga su un passaggio sbagliato, sul contrasto perso. Un’azione dopo l’altra, con via via sempre meno fiducia, meno brillantezza, meno precisione. Certo, è pure incerottata questa Cremo. Anche Bassoli ad un certo punto alza bandiera bianca e lascia il campo zoppicando. Immagine dei nervi a pezzi di una squadra che teme di rotolare nell’impotenza. Brighenti agita la fascia su tutto il fronte d’attacco, ma quando di forza costruisce il castello di un’occasione, scopre di non poter essere già in cima alla torre per piantare la bandierina nel fianco brianzolo.
Montorfano a poco a poco getta sul campo tutte le giovani frecce nella faretra. Ci si trova in campo forse con l’undici più giovane di sempre con Messetti, Di Francesco e Ciccone tutti insieme con Brighenti. Ciascuno di loro avrebbe le qualità per cambiare i connotati ad una partita così. Entrano alla garibaldina. Poi rapidamente, si perdono nel vuoto, caricati evidentemente di una responsabilità che non sono ancora pronti ad assumersi.
Kirilov si perde con i distinti vuoti come sfondo, Palermo esce tra i fischi, Jadid viene beccato dal pubblico che nei suoi confronti è più esigente e meno incline all’alzata di spalle. Ci si innervosisce. Si continua a sbagliare molto, anche tocchi elementari, per frenesia e confusione. E soprattutto, non si calcia mai in porta. E se questo accade quando di 90 minuti ne giochi 80 all’attacco significa che il problema è serio. “Il progetto va avanti”. Dice Simoni, ma avverte che non sarà così per sempre. Non può. Perché così si rischia sul serio di andare a sbattere. Che poi con il Monza, o con il Como, sabato prossimo, stando alla classifica ci sta pure di perdere. Ma bisogna che se lo sudino, gli altri, lo scalpo grigiorosso. Così è troppo facile. Così fa troppo male.
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