Cassiodoro, uno degli ultimi storici romani - nonché consigliere dell’imperatore Teodorico - considerava più importante la figura del notaio rispetto a quella del giudice. La spiegazione di Cassiodoro era piuttosto semplice: mentre il giudice decide su una controversia, quindi su un problema già verificatosi, il notaio agisce ‘a monte’, dando stabilità agli atti tra privati, e impedendo la controversia stessa. I nomi citati danno l’idea di questa figura: dal notarius romano si arriva fino al neonato ventunesimo secolo, con l’informatica che sta entrando in un mondo ritenuto impermeabile ai cambiamenti. Ne parliamo con Angelica Bica, palermitana, si è trasferita in Lombardia nel 2013: da allora esercita nel proprio studio, a Milano e a Pizzighettone.
Dottoressa, anche la professione del notaio sta accogliendo le trasformazioni dell’informatica. Come giudica l’atto notarile digitale? Al momento sembra ancora qualcosa di sperimentale...
È una strada che si sta percorrendo con gradualità: la sola firma digitale non è indice, di per sé, dell’apposizione da parte del legittimo titolare. Per questo motivo che l’intervento del notaio è comunque necessario per garantire anche la corrispondenza tra firma digitale e il soggetto che materialmente la usa. Per i notai, che si pongono per loro natura quale tramite tra i privati – spesso anche tra i privati e la Pubblica Amministrazione – il successo dell’atto notarile digitale è strettamente legato al grado di diffusione delle applicazioni che utilizzano la firma digitale, da parte del settore pubblico e degli utenti privati. Anche l’evoluzione delle norme, in proposito, avranno un ruolo fondamentale per fare chiarezza su ogni aspetto...
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