Dopo “la via del fieno”, eufemismo per accusare che la maggiore virulenza dell’epidemia che ha colpito le province ad alta vocazione zootecnica, Lodi, Cremona, Brescia, sia stata dovuta agli automezzi di trasporto dei foraggi, utilizzati come “vettori” dal Covid-19 verso i mercati e le aziende agricole, sull’asse stradale Codogno-Cremona-Orzinuovi, il 13 aprile la trasmissione Report di RAI-3 ha di nuovo duramente e faziosamente attaccato il comparto agricolo. La tesi, sostenuta dalla presunzione che l’inquinamento favorisca il contagio da Covid-19, con un affondo diretto, si è poi sviluppata incolpando la zootecnia lombarda che avrebbe incrementato la diffusione del virus attraverso lo sconsiderato smaltimento dei reflui zootecnici. Ciò spiegherebbe la concentrazione di casi nelle province ad alta vocazione zootecnica, Cremona, Brescia in particolare.
I reflui zootecnici dispersi sui terreni agricoli, indiscriminatamente ad ampio raggio, a qualche metro sopra il suolo agricolo, creerebbero una dispersione di ammoniaca aerosol in atmosfera che, legandosi alle micro particelle di particolato, Pm10, ne aumenterebbe la concentrazione, trasmettendo più facilmente il virus in esse contenuto.
Via via sono si sono susseguite interviste con risposte per forza generiche, nessuna arrivata di fatto ad una accusa concreta e dimostrabile.
Uno studio di alcuni anni fa avrebbe dimostrato che nelle Pm 10 ci sarebbe una concentrazione di differenti virus del 4%, mai stati tipicizzati, meno che meno per quello attuale, allora del tutto sconosciuto.
Altre informazioni da studiosi e funzionari di Enti Pubblici trasmesse, quasi prive di un contraddittorio puntuale, artatamente ritagliate e incollate da chi ha confezionato i servizi, hanno portato ad intendere che, nel momento in cui è fermo il trasporto su gomma e così quasi tutte le fabbriche, non resta che la zootecnia, appunto con la pratica agricola dello smaltimento dei reflui zootecnici, attuale e principale artefice dell’aumento della concentrazione di polveri sottili Pm10, che a loro volta sono vettori del Covid-19.
Un funzionario intervistato di A.R.P.A. Lombardia-Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente-ha dichiarato in maniera generica che, ovviamente, la componente organica è molto aumentata in coincidenza degli spargimenti.
Un rappresentante della Società Italiana di Medicina Ambiente ha affermato che le tecniche agronomiche contribuiscono alla diffusione da particolato a decine di metri di distanza.
Infine la Società Italiana di Aerosol – IAS – scrive che, pur se le attuali conoscenze scientifiche sono molto limitate, si può solo stabilire che l’inquinamento per il 50 % è dovuto alla zootecnia, il restante 50% ad auto, caminetti, attività industriali e antropiche in genere.
Nessuno ha però potuto dimostrare scientificamente il legame fra smaltimento dei reflui zootecnici, l’aumento delle Pm10 e quindi della concentrazione e trasporto di Covid-19.
La semplificazione a fine trasmissione, è stata il ripetere come un mantra, l’ormai riciclato concetto, che una bovina inquina come 6/7 automobili e via dicendo per i suini...
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