Una Quaresima “elettorale” ci ha preparato ad una Pasqua “missionaria”. Il delicato esercizio della democrazia ha deputato alcuni uomini e donne all’onore e all’onere di guidare il Paese – nel contesto del villaggio mondiale – ad un risveglio di giustizia e solidarietà, alla luce dei più profondi valori della nostra cultura, umanistica e sociale, laica e cristiana. Come andrà?
Stiamo a guardare? Tutto è spettacolo, oggi, e infatti rischiamo di guardare da fuori la vita, la politica, la guerra, il destino… come una fiction che neppure ci sfiora. Mentre è realtà cruda, influente, talvolta oppressiva. Anche in casa nostra, come denuncia il Papa, possiamo restare “semplicemente spettatori di una sterile stagnazione nella Chiesa” (EG 129).
Mentre applaudiamo o denigriamo gli “eletti”, ricordiamoci che siamo “il popolo eletto”, nuovo Israele, Chiesa delle genti, dimora dell’unico Dio, e non “un gruppo di eletti che guardano a se stessi” (EG 28). Se abbiamo fatto una vera Quaresima, il Vangelo smaschera in noi un certo modo di essere cristiani “che dà luogo ad un elitarismo narcisista e autoritario” (EG 94). Sterile, triste e pericoloso, per tutti, come ci dimostra la storia.
Lo spettacolo della croce. Luca usa proprio la parola “spettacolo”: Tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto (Lc 23,48). Le innumerevoli “via crucis”, quelle della devozione e quelle dei drammi umani, portano lì, dove risplende “la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto” (EG 36), verità centrale della nostra fede, evento e mistero dalla fecondità inesauribile. Purché lasciamo che ci trafigga il cuore, perché palpiti di vita vera e divina.
Lui, il Figlio di Dio, eletto dal Padre eterno, il Re che serve fino a dare la propria vita (vitalizio al rovescio!), si mostra ancora, nudo e vulnerabile, sulla croce, al cuore della Pasqua, in ogni Messa e nei grovigli delle nostre fragilità. E noi? Ce ne accorgiamo? O giriamo lo sguardo? Lo abbiamo “eletto” nostro Maestro e Signore? Modello e amico? Abbiamo desiderato fare Pasqua con Lui? E con gli altri suoi discepoli?
Tutti ministri! “Quasi senza accorgercene, diventiamo incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore degli altri, non piangiamo più davanti al dramma degli altri né ci interessa curarci di loro…” (EG 54). O, peggio, invochiamo scudi e armi che ci difendano, ma che spesso si rivolgono contro di noi in crescenti eccessi di follia. L’indifferenza dei benestanti non ci proteggerà. L’attesa impaurita non scompare e non ci salva.
Perché il Salvatore c’è già, il suo amore ci raggiunge e rinnova, sempre… se solo lo vogliamo; il suo sangue disseta e dà coraggio. Miserando atque eligendo, è il motto di Papa Francesco, che ci fa sentire guardati con tenerezza, perdonati e scelti come strumenti, amici e ministri del Regno di Dio. “Non fuggiamo dalla risurrezione di Gesù, non diamoci mai per vinti, accada quel che accada. Nulla possa più della sua vita che ci spinge in avanti!” (EG 3).
Il trionfo di Cristo sul peccato e sulla morte, la sua e nostra Pasqua, “accade anche oggi. Siamo invitati a scoprirlo, a viverlo. Cristo risorto e glorioso è la sorgente profonda della nostra speranza e non ci mancherà il suo aiuto per compiere la missione che Egli ci affida” (EG 275).
La gioia del Vangelo ai giovani. Se “tutto è compiuto”, il Messia crocifisso è un giovane fallito o realizzato? Se egli è l’eletto di Dio, possiamo dire a ciascuno: Dio ha votato per te, si è votato a te. Ti ha scelto, ti chiama a governare - con Lui - il tuo cuore e il cammino che hai davanti.
Nella realtà, sempre affascinante e complessa, oggi il Sinodo dei giovani interpella il nostro mondo adulto. Ci chiede di essere la Chiesa della Pasqua. Il cui programma è chiaro: per questo ho ripreso in questo breve messaggio tanti passi della Evangelii Gaudium di Papa Francesco. Per attingere alla gioia del Vangelo la forza della nostra missione: essere il popolo che Dio si è scelto.
Buona Pasqua, augurando a tutti di sentirsi “eletti da Dio” e perciò un po’ più responsabili del nostro mondo.
+ Antonio, vescovo
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