nel 2012: ma siamo lontani dai livelli precrisi
Soffrono le aziende meno strutturate e con una ridotta proiezione verso i mercati esteri. Risulta addirittura dimezzata la redditività, l’emergenza più acuta accusata dalle imprese manifatturiere cremonesi nel 2011. Eppure vi sono aziende che continuano a competere sui mercati internazionali e addirittura a crescere a dispetto della crisi. E che vedono aumentare i loro ricavi.
E’ lo spaccato che esce dal Rapporto 2013 realizzato dal Cersi, il Centro di Ricerca per lo Sviluppo Imprenditoriale dell’Università Cattolica, presentato oggi, lunedì 22 aprile, in Sala Maffei della Camera di Commercio. Una fotografia dettagliata dello stato di salute dell’economia provinciale attraverso l’analisi dei bilanci di 246 imprese con ricavi superiori a 3,5 milioni di euro. Arricchita quest'anno da un'ulteriore analisi dei bilanci 2012 di una quarantina di aziende con le proiezioni verso il 2013. Il rapporto è stato consegnato e commentato nel corso del convegno dal titolo ‘Crescere in Italia e all’estero. La sfida per l’industria cremonese’.
Il report sui bilanci - E’ soprattutto l’alimentare, seguito dalla meccanica, a trainare i ricavi delle aziende nel 2012 in provincia di Cremona. Un timido segnale di ripresa che, tuttavia, non deve indurre più di tanto all’ottimismo perchè siamo ancora lontanissimi dai livelli precrisi. Ancora una volta, poi, solo chi ha saputo proiettarsi con efficacia sui mercati esteri è riuscito, in questa fase così problematica, a reagire alla crisi con uno slancio significativo.
La seconda parte del rapporto del Cersi sulle aziende cremonesi conferma in larga misura la prima che aveva messo sotto la lente di ingrandimento i bilanci di 246 imprese fra il 2007 e il 2011. «Ma poichè i bilanci si riferiscono inevitabilmente all’anno precedente e non ci dicono in tempo reale che cosa sta accadendo» - dichiara a Mondo Padano il Prof. Fabio Antoldi, condirettore del Cersi - abbiamo deciso di fare un passo in avanti esaminando anche il 2012 e chiedendo alle aziende di fornirci le loro previsioni per il 2013». Le risposte che sono pervenute da una quarantina di aziende sono molto interessanti. «A fronte di una crescita dei ricavi, come già avvenuto nel 2010 e nel 2011 - continua Antoldi - notiamo come questo trend non sia distribuito fra i vari settori, ma come, invece, sia soprattutto l’alimentare, caratterizzato da doti anticicliche e legato ai bisogni primari dell’individuo, a tirare la volata agli altri». D’altra parte anche la meccanica registra una buona ripresa con un +50% dei ricavi rispetto al 2011.
«Ogni entusiasmo è comunque superfluo» - tiene a puntualizzare il docente della Cattolica - anche perchè a cinque anni dall’esplosione della crisi «siamo ancora significativamente lontani dai livelli che si registravano prima dell’inizio della congiuntura economica negativa». A rendere il quadro complessivo ancora più preoccupante si registra poi l’intensificarsi della riduzione ai minimi termini della redditività nel 2012, «un anno sotto questo punto di vista orribile» - conferma Antoldi, addirittura peggiore rispetto al 2011 quando si era registrata un’inversione di tendenza». E come sempre accade in questi casi è un numero a dare il segno della gravità del quadro che si va delineando. «Una redditività inferiore al 2% come quella che stiamo registrando - afferma Antoldi - non è in grado di alimentare lo sviluppo, ma solo una semplice sussistenza». Anche le prospettive che le aziende intervistate manifestano per il 2013 non inducono all’ottimismo. «A fare paura davvero è l’incremento della marginalità delle vendite, ancora più della crescita della pressione fiscale» - aggiunge il condirettore del Cersi - che evidenzia anche come, al terzo posto fra quelli che gli imprenditori considerano gli ostacoli maggiori sul loro cammino vi sia anche la difficoltà di accedere al credito.
Una spirale negativa da cui oggi appare difficile uscire. Qualcuno, però, una soluzione l’ha trovata: ed è chi ha scommesso su se stesso cercando nuovi clienti e nuove commesse fuori dai confini nazionali. «Chi è riuscito ad internazionalizzarsi - conferma Antoldi - è riuscito ad affrontare meglio la crisi perchè, dovendo conquistare nuovi mercati, ha alzato l’asticella della propria competitività realizzando prodotti migliori».
Il rapporto del Cersi evidenzia molto bene questo aspetto: e sono proprio le storie di quattro aziende sconosciute ai più che “ce l’hanno fatta” ad evidenziare l’importanza dell’internazionalizzazione.
Ognuna con la propria peculiarità la Landoll di Ricengo, 5,8 milioni di euro di fatturato nel 2011, specializzata nella cosmesi, la Macchine Agricole di Casalbuttano, 5 milioni di euro di fatturato, la Barbieri di Scandolara Ravara, attiva nel settore tessile e la Impea di Piadena, quasi 11 milioni di ricavi nel 2011, che opera nel settore meccanico, sono quattro esempi differenti di aziende che sono riuscire a trovare sbocco nonostante l’ipossia che grava da anni sul mercato interno.
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