al grande maestro del design
nel centenario della nascita
Il titolo della mostra (fino al 20 gennaio 2019) è una dedica, rispettosa ma affettuosa: A Castiglioni. In occasione del centenario dalla sua nascita, la Triennale di Milano dedica ad Achille Castiglioni (1918-2002), uno dei più importanti maestri del design italiano, una grande mostra monografica, di Patricia Urquiola in collaborazione con Federica Sala. “L’esposizione analizza l’opera di Castiglioni in maniera trasversale, dal design all’architettura, dagli allestimenti alle mostre. La cura e il progetto di allestimento sono affidati a Patricia Urquiola, architetto e designer che non solo ha mosso i primi passi insieme a Castiglioni (nel 1989 si laurea con lui al Politecnico di Milano), ma ne ha saputo raccogliere l’eredità e la capacità di sorprendere attraverso il progetto”. Così il comunicato stampa, e subito, involontariamente si commette l’errore di interpretazione che qualche polemica pur ha generato. Più volte ho detto e scritto che Castiglioni non ha lasciato “eredi” progettuali, era totalmente fuori dalle intenzioni sia del suo operare che del suo insegnare: tanti estimatori, collaboratori, studenti, amici, ma nessun “allievo”, non è mai esistita una bottega del progetto in senso tradizionale. Per questo è temerario, oltre che inesatto storicamente, ipotizzare una sfida progettuale, seppur nella continuità: quel che Castiglioni aveva da dire l’ha detto, si può commentare il suo messaggio ma non impadronirsene se non a livello di metodo di ricerca. Milano in realtà nel mondo delle professioni è una città molto provinciale, nel bene e nel male, è la provincia del design, dove tutto nasce e muore all’interno di relazioni che si vogliono mantenere quasi impermeabili. E in questa provincia si ipotizza la sfida, una sorta di trappola da evitare perché l’esito infausto è comunque già scritto. Nell’anno del centenario è troppo facile cadere in attività celebrative che possono scivolare nella banalità, nel vuoto, o, peggio nella confusione delle fonti, difficili da leggere se si parte con dei preconcetti interpretativi. Patricia Urquiola ha l’incarico di allestimento e curatela, e questa parte è in collaborazione con Federica Sala: giustamente non accetta questa logica e con evidente gioiosa sofferenza pensa a una mostra non “di” Castiglioni” e neanche “per”, ma, come abbiamo detto, “a Castiglioni”, qualcosa che nel non felicissimo panorama delle mostre di questo periodo fosse una proposta di narrazione ed al contempo un grande affresco di memoria di senso e di sensi....
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