Il fotografo cremasco Simone Mizzotti
racconta in un reportage l'emrgenza profughi
«Cos’è la fotografia? Uno strumento oltremodo efficace, mirato a favorire la comunicazione e la socializzazione tra popoli di diversa etnia e lingua».
A sostenerlo, con giustificata convinzione, è Simone Mizzotti (talentuoso fotografo cremasco, nato nel 1983), il quale – reduce da un’impegnativa esperienza in Grecia – è fra i protagonisti della prestigiosa mostra collettiva, organizzata presso il Foro Boario di Modena fino all’8 gennaio prossimo (“Lying in Between. Hellas 2016”), un impressionante percorso di opere prodotte in occasione di una missione in territorio ellenico svoltasi su iniziativa di Fondazione Fotografia negli scorsi mesi di maggio e giugno.
«Ho trascorso lontano dall’Italia un paio di settimane, visitando pure un’area poco distante dal confine con la Macedonia – testimonia –: là, lontano dai comfort con cui abitualmente mi trovo a contatto, ho avuto l’opportunità di vivere in modo diretto il momento dell’arrivo dei rifugiati, in fuga dalla propria patria e alla ricerca di stabilità e aiuto». Sono istantanee meravigliose – per quanto intrise di forte drammaticità –, quelle che Mizzotti ha scattato durante il suo soggiorno: in ognuna di esse (14 realizzate a colori, cui vanno aggiunte le 25 in bianco e nero che vanno a comporre la formidabile installazione intitolata “Fortezze”), anche l’osservatore meno accorto potrà cogliere la più autentica “essenza” di quella che, a tutti gli effetti, è la cifra stilistica del fotografo, attento a documentare la sofferenza dei profughi e, insieme, ogni loro slancio emotivo.
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