come già Omobono e Facio
Cent’anni intorno doppo quel glorioso / Transito del beato Alberto abate / Susitò un altro, al par di lui famoso / Se non di stato, al men d’opere grate / Era humil, divoto et generoso, / Ne le sue acioni sante et honorate / Che meritò da Christo esser chiamato / Nel Regno suo del ciel santo e beato.
Riporto la strofa di un manoscritto del XVII secolo che narra la vita di sant’Alberto di Villa d’Ogna, la cui ricorrenza si celebra il 7 maggio: una figura molto amata nel Medioevo, ma quasi sconosciuta ai giorni nostri, soprattutto ai cremonesi, con i quali pure ebbe un rapporto molto intenso. La sua persona è al centro di una curiosa controversia, nata ai suoi tempi e tesa a mettere in discussione la veridicità dei miracoli che gli erano attribuiti.
La sua vita deve essere inquadrata nel clima storico del XIII secolo, denso di fermenti che ebbero come conseguenza un cambiamento di valori sociali e religiosi e l’affermazione di un concetto di santità fondato non su figure di eccezionale rilievo, ma su uomini comuni, laici, che si impegnavano nella vita quotidiana proponendosi come esempi concreti e reali di vita cristiana. Lo si constata in sant’Omobono, mercante scelto come patrono di Cremona grazie ai meriti di uno stile di vita improntato alla carità, e in san Facio, orafo, venerato dalla potente Corporazione degli orefici: entrambi appartenenti al populus, uniti nel perseguire gli ideali evangelici di povertà, carità e penitenza....
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